GLI SPECCHI USTORI DI ARCHIMEDE

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Pubblicato da  Umberto Alunni il  16 Marzo 2025

 

In alcuni precedenti articoli ho esposto alcune idee e teorie sul raggio della morte, intendendo per tale uno strumento capace di convogliare in un raggio un’insolita e potente energia in grado di provocare distruzione.

La maggior parte delle vicende legate ad esso si concentrano dagli anni ’30 ai ’40 del secolo scorso. “Raggio della morte” è il nome di battaglia che simili congegni si sono meritati, ma non sul campo perché di prove certe della loro esistenza ed efficacia non ce ne sono.

Tuttavia, a ben vedere, la storia ci consegna esperienze simili maturate molto tempo prima di quanto evidenziato. In merito è ben nota la storia degli specchi ustori di Archimede, da lui ideati per difendere la sua patria. Egli lanciò, dicono gli storici antichi, il fuoco del sole sulla flotta nemica e la ridusse in cenere quando era ormai prossima alle mura di Siracusa; ma questo racconto, al quale si è creduto per quindici o sedici secoli, è stato poi contraddetto e quindi addirittura considerato una favola in questi ultimi tempi. Così si esprimeva Buffon intorno alla metà del XVIII secolo aggiungendo: “Cartesio, nato per giudicare e perfino superare Archimede, ha sentenziato contro di lui (Buffon .ndr) con piglio autoritario per aver negato la possibilità dell’invenzione e la sua opinione è prevalsa sulle testimonianze dell’antichità. I fisici moderni sono dello stesso parere. Agli antichi si concede soltanto ciò che non è possibile negare”.

Successivamente Buffon si propose di riabilitare Archimede. L’anno 1745, nel giardino del re di Francia, con strumentazione affatto diversa da quella di Archimede, dispose 140 specchi piani in modo da focalizzare i loro riflessi solari. Riuscì ad infiammare agevolmente a 60 metri di distanza una catasta di legna secca. La macchina da guerra di Archimede poteva finalmente essere considerata il primo vero e proprio raggio della morte della storia. Tuttavia resta un altro aspetto da focalizzare, mi si consenta il gioco di parole: rimane il fatto d’arme che Archimede, ad oltre 200 metri di distanza incendiò la flotta della spedizione di Marcello. Quanti specchi avrebbe dovuto adoperare e con quale ingegneristico incastro tra di essi? Forse non lo sapremo mai.

Umberto Alunni