IL FUTURISMO E LA RADIA

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Pubblicato da  Arteventi news il  26 Dicembre 2018

Il futurismo è stato un movimento artistico dei primi decenni del secolo scorso. Aveva lo scopo di inserire l’interlocutore (spettatore, visitatore, etc) all’interno della stessa opera tentando di portare l’arte alla medesima velocità ed al dinamismo dell’età della macchina.

Filippo Tommaso Marinetti fu uno dei suoi più grandi interpreti e già nel 1909 pubblicava il suo primo manifesto futurista, un decalogo d’intenti su un determinato argomento.

Tra i tanti seguaci del movimento non possono essere dimenticati Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Fortunato Depero e Pino Masnata. Quest’ultimo, insieme a Marinetti nel 1933, lanciò un ennesimo manifesto, pubblicato nella “Gazzetta del Popolo”, questa volta dedicato alla radio. O meglio alla radia, in analogia con le produzioni culturali che utilizzano il suffisso –dia: comme.dia, trage.dia e, di conseguenza, ra.dia. Il femminile si correlava anche per contrapporre il modello futurista di uso del mezzo a quello retrogrado dominante, accusato di essere il prolungamento di forma tradizionali come la sala di conferenze o il teatro di posa.

Nel manifesto si evidenziava l’associazione del nuovo strumento alla concezione futurista del modo di fare arte e di fare cultura. Constava di 28 punti ben determinati, ripartiti in tre blocchi: la radia non deve essere, la radia abolisce, la radia sarà. Per il manifesto la radia rivoluzionava il rapporto tra tradizione e innovazione, a vantaggio della seconda, parlando il linguaggio della modernità. Contribuiva ad un nuovo rapporto con il pubblico e l’artista.

Oltre a chi la considerava un’invenzione particolarmente utile per l’umanità non mancava il popolo dei demonizzatori in quanto opera della tecnica ed anche perché espressione pressoché totalitaria dell’industria culturale.