Pubblicato da Arteventi news il 14 Luglio 2019
Si ha notizia che nel lontano 1932 l’EIAR (progenitore della odierna RAI) promosse un censimento sulle radio detenute. La notizia, che faceva molto “Betlemme”, preoccupò non poco i radiofili, specie quelli cosiddetti “pirata” che, per non pagare i pesanti canoni, acquistavano pezzi di ricambio e montavano radio perfettamente funzionanti. Inutile dire che, nel frattempo, era nato un mercato non particolarmente trasparente che andava ben oltre l’uso personale.
Per usare una terminologia odierna: se poteva essere sopportato l’autoconsumo mal si tollerava lo “spaccio” di apparecchi radio. L’EIAR si prodigava nel rassicurare i radiofili sulle finalità del censimento affermando che non era dettato da motivazioni fiscali ma solo dalla conoscenza dello stato dell’arte della radiofonia in Italia, base di partenza di un monitoraggio che sarebbe durato nel tempo. Le schede per il censimento, particolarmente ricche di dettagli, dovevano essere compilate e ritirate da tutti gli Uffici Postali del Regno, dalle sedi dell’EIAR e da quelle dei Capi Zona dell’EIAR stessa dei capoluoghi di provincia.
Il termine per la consegna era il 4 luglio 1932. Intanto nel giornale ufficiale dell’Ente Emittente, il Radiocorriere, si susseguivano articoli che davano spiegazioni, cercando di sdrammatizzare con delle gustose vignette umoristiche.
Ma si sa, come dice quel vecchio proverbio: il gatto malusato quel che fa gli vien pensato. E fu così che, anche dopo il 4 luglio, pur con tutte le edulcorazioni del Radiocorriere, molti radiofili preferirono continuare a vivere nella radio – clandestinità, non certo nella grotta di Betlemme ma sicuramente al riparo dalla mannaia del canone.