Pubblicato da Arteventi news il 9 Febbraio 2020
Nel 1936 una norma auspicata, quanto odiata, regolamentava l’uso della radio. Il regio decreto numero 3) vietava ai possessori di apparecchi radiofonici, compresi i gestori di pubblici esercizi, di farli funzionare sia direttamente sia mediante altoparlanti, all’aperto, su vie, piazze e altri luoghi pubblici. Le radiodiffusioni all’aperto dovevano essere di volta in volta autorizzate del Prefetto previo nulla osta del Ministero competente. Fermo restando che la disposizione possa avere avuto necessariamente due popoli, proviamo a raccontare i pensieri di quello a favore, ben evidenziati nella rivista “L’antenna”. Questa da tempo auspicava una simile disciplina che alla lunga, nel regolamentarne l’uso, avrebbe portato ad aumentare indiscutibilmente il numero degli amatori della radio. Non era opportuno che un simile mezzo di svago e di cultura diventasse una calamità per buona parte del pubblico, specie nelle grandi città. Si era giunti all’assurdo di farla funzionare come richiamo sulle porte dei negozi. C’erano anche altri utenti che, per tenere l’apparecchio sempre acceso ed alla massima intensità, non sapevano discernere la qualità dei programmi. In qualche modo la nuova disposizione obbligava questa gente a rientrare nella normalità intendendo per tale il corretto utilizzo dello straordinario mezzo radiofonico. Non bastava possedere la radio per saperla usare. Andava considerato uno strumento dal quale poter attingere cognizioni ed insegnamenti, in grado di apportare un enorme contributo alla conoscenza delle cose. Questa la funzione della radio.