LA MUSICA CHE SI VEDE

https://arteventinews.it/2020/05/24/la-musica-che-si-vede/

Pubblicato da  Arteventi news il  24 Maggio 2020Categorie Tags 

Nel 1930 una rivista specializzata dava notizia che nel New Jersey l’ingegnere C. Anderson, della Westinghouse Electric and Manufacturing Company, si era inventato un interessantissimo congegno in grado di rivelare le onde sonore prodotte da voce, radio o altro strumento e proiettarle a mezzo di specchi su uno schermo.

Le onde sonore erano captate da un microfono, dirette elettricamente su uno specchio sospeso che oscillava all’unisono con le relative vibrazioni sonore. Un raggio di luce proiettato sullo specchio veniva riflesso su un sistema di altri specchi che, a loro volta, lo proiettavano sullo schermo. In assenza di suono lo schermo era attraversato da una striscia bianca che iniziava ad assumere altre forme non appena il silenzio si interrompeva. Si andava dalla più lieve ondulazione fino ad un intricatissimo accavallarsi di curve. Si stavano anticipando le luci psichedeliche e gli effetti speciali che in discoteca, negli anni ’70, ben quaranta, cinquanta anni dopo, sarebbero andati per la maggiore.

C’era però una differenza fondamentale nel suo utilizzo: lo strumento americano era adoperato quale strumento scientifico. Solo a titolo di esempio, la visibilità delle onde avrebbe dato modo di perfezionare la costruzione dei pianoforti e di altri strumenti musicali. Anche l’occhio più profano sarebbe riuscito a cogliere sfumature che l’orecchio si sarebbe soltanto sognate. Altro utilizzo era l’aiuto agli oratori, dicitori e attori per impostare il giusto tono. Era anche di supporto agli studenti nel perfezionamento della tecnica musicale. Gli stessi artisti più famosi trovarono utilità nella “fotografia” delle loro performances ricercandone, oltre la perfetta esecuzione, anche la bellezza.

Insomma, dato per assodato che la musica era udibile, il suo fascino ha talmente stimolato l’uomo che l’ha voluta anche “vedere”.

Umberto Alunni