LA RADIO FATTORE DI CIVILTA’

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Pubblicato da  Arteventi news il  12 Aprile 2019

L’Italia è stata la culla dell’inventore della radio ma non ha primeggiato nell’avvio delle radio trasmissioni, facendosi anticipare almeno da USA, Francia e Inghilterra. Già un anno dopo l’inizio delle regolari trasmissioni dell’ente URI – Unione Radiofonica Italiana (1924), montava il dibattito sulla loro effettiva utilità e su quante discipline potessero esserne contaminate. Sul numero 2 del 1925 della rivista RADIORARIO uscì un interessante articolo in merito dal titolo “La radiofonia fattore di civiltà”.

Tra i tanti benefici si decantava il contributo che la radio poteva portare all’unità linguistica nazionale, diffondendo nelle provincie a mezzo di annunciatori accuratamente scelti la buona pronuncia della buona madre lingua; tale ad esempio, il beneficio squisitamente sociale che arreca, accrescendo il fascino del focolare domestico d’una nuova poetica, artistica attrattiva. Alla radio si attribuiva la possibilità di allargare la cerchia delle moderne esperienze artistiche, soddisfare le esigenze dell’avida anima moderna, contribuire al diffondersi della cultura e al riscatto di taluni ceti dall’isolamento intellettuale. Cos’è tutto questo se non purissima ed autentica opera di civiltà umana?

Essendo assolutamente convinti di questo, dinanzi all’importanza ed alla vastità della radiofonia, si stimolavano coloro che erano nelle condizioni di assicurare al Paese il raggiungimento delle sue alte finalità e non perdere tempo a cercare le farfalle sotto l’arco di Tito.

Affinché non fossero gli italiani, conterranei di Marconi, i primi a tentare di paralizzare questo magnifico strumento di civiltà che i tecnici – sì i freddi, i chiusi, gli aridi tecnici – hanno saputo mettere a disposizione della comunità civile.

L’articolo è stato ripreso da GOOGLE NEWS