LA RADIO SI DA’ ALL’IPPICA

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Pubblicato da  Arteventi news il  17 Novembre 2019 

A fine anni ’20, l’annuario dell’EIAR, mamma della RAI, divulgava in modo accorato la diffusione della radiocronaca per le corse dei cavalli. Un lungo articolo tesseva le lodi della “surroga” radiofonica attivando tesi secondo cui l’ascolto via etere potesse superare, in quanto a suggestione, la presenza sul campo. Infatti “lo speaker è situato nell’ippodromo in condizione privilegiata di visibilità e nessun particolare può sfuggirgli mentre non sempre uno spettatore può trovarsi un posto ottimo”.

In quel periodo l’attività ippica era oggetto di attenzione per le sue possibilità di sviluppo tanto che, qualche anno dopo, nel 1932, i vari enti passarono alle dipendenze di un nuovo organismo, l’UNIRE (unione italiana razze equine), controllato dal Regime. In modo garbato, quanto determinato, l’articolo favoriva l’ascolto radiofonico delle corse avendo cura di sottolineare il ruolo complementare, e non sostitutivo, dell’apparecchio. Al tempo stesso ci si prodigava nel sostenere che la radio non avrebbe cannibalizzato gli ingressi negli ippodromi anzi “chissà quanti radio-amatori (ascoltatori – ndr) dispersi per ogni dove si sentono invogliati di andare ad assistere ad uno spettacolo tanto emozionante per trovarsi in quell’ambiente suggestivo che è il pésage di un campo di corse di una grande città.

Per chi è assente la radio ha il vantaggio di narrare le fasi palpitanti mentre si svolgono, vive, colorite, non smorzate dal tempo trascorso tra l’effettuazione della prova e la sua descrizione”. Trasudava la volontà di stimolare l’affezione verso gli ippodromi tramite la radio, perché ritenuti una significativa fonte di entrate erariali. Pertanto, sarebbe più corretto affermare che l’ippica si stava dando alla radio e non il contrario.