Pubblicato da Arteventi news il 6 Dicembre 2018
L’avvento della radio non ha lasciato indifferente alcuna disciplina, sia essa di carattere sociale, economico, scientifico e, addirittura, naturalistico. Messa a tacere la diceria di fine 1800 sulla capacità delle onde radio di togliere il latte alle mucche, ci si è dovuti imbattere, appena dopo un trentennio, su una tesi molto più discussa e diffusa: il rischio che le stesse onde potessero modificare il clima.
Siamo alla fine del ventennio, in piena proliferazione di stazioni emittenti ed antenne molto evidenti. Non si è abituati a vedere tralicci di tale portata. La loro suggestione fisica, unita a quella meno evidente, ma più pervasiva, della potenzialità comunicativa del nuovo mezzo evocavano da più parti il timore che le onde radio diffuse nell’atmosfera potessero influire sul tempo e che, anzi, già avessero iniziato a modificare il clima.
L’idea cominciava a diffondersi, ma a torto. Nella rivista “L’Antenna” del gennaio 1929 veniva riportato uno studio del meteorologo francese Sanson, già presentato all’Accademia delle Scienze. Dimostrava che il tempo, a Parigi dal 1773, e a Marsiglia dal 1823, era rimasto essenzialmente invariato nelle sue caratteristiche. L’attività delle stazioni radio non aveva causato nessuna trasformazione.
L’Accademia fece proprio il parere di Sanson dichiarando che “la radio non esercita nessuna influenza sul clima”. Sul clima sicuramente no, ma sulle persone? La radio, e tutto quello che si trascinava appresso, stava facendo breccia sulla gente decretando la formazione di due popoli, ………. uno dei quali era a favore.