LISA GLAUBER, UNA DONNA CHE CI HA MESSO LA FACCIA

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Lisa era la figlia di Max, patron della Unda, famosa azienda che produceva radio a Dobbiaco.

Come è uso dire oggi “ci ha messo la faccia” perché in una delle radio più belle, prodotta nella fabbrica paterna, figurava la sua icona. Siamo a metà degli anni ’50, periodo in cui la radio deve affrontare la più temibile delle concorrenti: la televisione. Ma chi era veramente Lisa e perché è inserita nell’esclusiva rosa delle “donne della radio”? Sicuramente non solo perché figlia di un imprenditore produttore di apparecchi e non perché “iconizzata” sul frontale di una radio. La sua storia è articolata e va raccontata includendo un evento che, per la sua dinamica, rasenta la folgorazione sulla via di Damasco. E’, però, importante conoscere il contesto in cui Lisa ha vissuto.

Cominciamo dal padre e dalla sua fabbrica.

Max, padre di Lisa, nato a Innsbruck nel 1902, era di origine ebraiche. Nel 1925 fondò una delle prime e più importanti fabbriche di radio, la Unda, a Dobbiaco, tra le montagne del Sudtirolo. Nel 1926 partecipò alla Fiera di Milano e la rappresentanza commerciale sarà affidata a Th. Mohwinckel, con sede a Milano, che manterrà sempre.

Nel 1932 la fabbrica cambiò denominazione in Unda Radio S.AG.L., iniziando un intenso periodo di ascesa che produrrà apparecchi anche nel periodo bellico, fino al suo ritiro dal mercato. Nel 1933 partecipò al Concorso dell’Ente Radio Rurale con diversi modelli di radio, imponendosi sugli altri. Era un’iniziativa promossa dall’allora vigente regime per diffondere l’uso della radio tra i ceti meno abbienti a prezzi calmierati. Vennero successivamente sviluppate altre fortunate serie di apparecchi come la serie Tri-Unda. Nel 1937 ci fu un ulteriore evoluzione nella ragione sociale in Unda Radio S.A. (Soc. Anonima).

Nel 1940 gli avvenimenti che seguirono gli accordi italo-tedeschi per l’Alto Adige portò Unda Radio a trasferire la sua sede a Como. In questi anni l’azienda produceva anche apparecchiature militari in collaborazione con altre aziende del settore. Nel 1943 iniziò la produzione di strumenti di misura (oscilloscopi, ondametri).

Nella prima Fiera di Milano (1946), e nella prima Mostra della Radio post guerra (1947), Unda si distinse con numerose novità di indubbio valore tecnico ed estetico. Nel 1957, dopo un periodo di grande fulgore, i problemi aziendali si fecero gravi e non si poté evitare la procedura di Amministrazione Controllata. Nel 1958 il marchio venne ceduto alla C.G.E. e la Unda Radio mutò definitivamente ragione sociale in  F.A.S.E. Spa  (Fabbrica Apparecchiature Strumenti Elettrici) senza più alcun rapporto con il mondo della radio. Nel 1962 l’azienda cesserà di esistere. Una storia solo apparentemente simile a quelle delle centinaia di aziende che producevano radio con successo prima di doversi confrontare con un mercato sempre più cruento.

Torniamo per un attimo a Max Glauber. Era figlio di Ghisa, soprano di grande valore, e Moritz Glauber, un banchiere ebreo di Praga, amante e mecenate della musica. Ghisa dedicò tutta la sua attenzione ed affetto al piccolo, che rimase orfano di padre già a otto anni, nel 1910. Ghisa rimase a Praga ancora per qualche anno conducendo una vita brillante nei circoli di teatro e di musica, ma prima dell’inizio della prima guerra mondiale decise di trasferirsi a Bolzano. Scelta questa che, alla luce dei tragici eventi della seconda guerra mondiale, si rivelerà particolarmente felice perché tutti i parenti di Praga periranno nell’olocausto.

Nel 1913 Ghisa scelse Dobbiaco, il paese natio di sua madre, per costruirvi la casa per le vacanze. Durante l’anno scolastico lei e Max vivevano a Bolzano, dove frequentava il liceo. Studente impegnato e serio, Max, già durante quegli anni difficili della prima guerra mondiale, conobbe la sua futura sposa, Trude von Herbstenburg, anche lei studentessa liceale.

A quei tempi, a Bolzano, era la sola ragazza a frequentare il liceo. Suo papà era parlamentare a Roma negli anni ’20 e apparteneva ad una un’antica famiglia nobiliare di Dobbiaco, dove un suo antenato, nel 1600, abitò nel castello che ancora oggi porta il suo nome.

Max intraprese gli studi di filosofia e fisica all’Università di Monaco di Baviera nel 1922. Forte delle sue conoscenze nel campo scientifico, aveva intuito precocemente le grandi potenzialità di sviluppo e l’importanza dei nuovi esperimenti sulle radiotrasmissioni e sulle radioricezioni, che in tutta Europa si stavano conducendo. Con lo sviluppo della Unda, Dobbiaco visse un periodo di grande prosperità, per la prima volta nella sua storia. Nonostante ciò, all’interno della stessa azienda, si costituirono gruppi di giovani focosi simpatizzanti del regime vigente i quali, alla fine degli anni trenta, costituivano un pericolo per la sicurezza personale di Max.

Ebbe tre figli: Enrico (1928), Hans (1933) e Lisa (1935). Erano anni particolarmente felici nonostante la crisi economica, dovuta al crollo del mercato finanziario mondiale, e qualche modello di apparecchio che non incontrò il parere favorevole del mercato. Per far fronte alle difficoltà finanziarie, Max vendette la casa paterna a Praga e accolse l’ingresso in azienda di nuovi soci, i fratelli Amonn di Bolzano.

L’avanzare della guerra lo indusse a trasferirsi a Como. Ormai siamo in pieno periodo di guerra. Solo Max conosceva la lingua italiana, i figli dovettero incominciare scuole nuove, ma soprattutto l’anziana madre, Ghisa, si adattava con difficoltà. Inoltre, i disagi e le privazioni della guerra incominciavano a farsi sentire su tutta la popolazione italiana ed erano anche più marcati sulle famiglie che dovevano ricominciare da capo in un ambiente completamente nuovo.

I figli di Max e Trude, nel frattempo, intrapresero strade completamente diverse. Il primogenito Enrico divenne ingegnere elettronico. Il suo destino, dopo un tirocinio in Germania, sarebbe stata l’Unda Radio. Hans, con una laurea in economia e commercio, trovò impiego presso la Olivetti a Francoforte. Lisa, ormai sposata a New York, completò gli studi in quella città.

Lisa

Il racconto di questa storia era necessario per comprendere meglio la personalità di Lisa. Una figura apparentemente scevra dall’azienda paterna e dalle radio, almeno nella prima parte della sua vita. Era nata a San Candido, in Provincia di Bolzano, nel 1935. Era troppo giovane per sedimentare i ricordi del periodo ante guerra, che determinarono le condizioni per lasciare la propria casa e l’Alto Adige. Erano anni difficili per il padre e per la sua fabbrica.

Trascorse un’infanzia spensierata e felice prima a Dobbiaco e in seguito a Como, dove frequentò il Liceo classico “A. Volta”. Agli studi preferiva gli sport, soprattutto la pallacanestro e lo sci, che praticava con fratelli ed amici sui monti locali, e a Dobbiaco.

La sua gioventù maturò in una famiglia tranquilla e protettiva. Successivamente Lisa fece delle scelte di vita imprevedibili ancor prima di aver raggiunto la necessaria maturità: sposò un americano e si trasferì a New York, nel 1958. Nella grande mela riprese e terminò gli studi conseguendo una laurea in scienze della nutrizione. Quell’attestato le aprì molte porte, tra le quali un lavoro molto interessante commissionato dal Governo americano, che prevedeva ricerche sullo stato di salute delle popolazioni più povere della città di New York. Le medesime analisi furono poi ripetute in altri dieci Stati della confederazione americana.

Tornò in Italia, dopo un successivo matrimonio, nel 1970. Lavorò nella Inelco, ditta che il padre aveva costituito appena dopo la fine della Unda. Non ebbe l’opportunità di collaborare con lui, già defunto nel 1966. Nel 1978 si trasferii nuovamente negli Stati Uniti, in California, insieme al secondo marito, un agronomo di origini triestine. Insieme dirigevano un’azienda agricola di circa 3000 ettari, dove si praticava un tipo di agricoltura molto diverso da quella italiana. A seguire si occupò di accoglienza dei senzatetto, tossicodipendenti e anche famiglie economicamente disagiate, il cui numero, in un paese generalmente ritenuto ricco, è molto elevato. Da questa latitudine ebbe modo di conoscere il vero volto dell’America, assai meno noto ma altrettanto reale. Rimase in California 26 anni fin quando, alla morte del marito, nulla più la legava a quella terra. Con il suo secondo rientro in patria si chiudeva il ciclo di scelte imprevedibili della sua vita. Era il 2004, quando ritornò a Como per vivere vicino alla famiglia.

A questo punto le ritornò in mente la fabbrica paterna, forse anche aiutata dalla visione dell’ambiente circostante. Per una serie di coincidenze, e anche a causa dei frequenti traslochi, nessuno dei figli di Max possedeva un modello di radioricevitore da lui costruito. La sua prima idea fu di cercare un apparecchio radio della Unda per ciascuno dei propri nipoti. E qui viene il bello.

La folgorazione di Lisa

Si trovò a scoprire un mondo che non avrebbe mai immaginato potesse esistere: l’ambiente dei collezionisti di radio d’epoca. Ben presto si rese conto del grande interesse, vivo più che mai, per l’azienda di suo padre, e la profonda stima di cui ancora godesse. C’erano tantissimi appassionati che riconoscevano il valore degli apparati dopo svariati decenni.

Lisa approdò, così, alla logica conclusione di riaprire le porte del suo cuore alla Unda. Si rese conto che era opportuno contribuire a valorizzare quel nome e quella storia che tanto aveva coinvolto la sua famiglia. Pensò, quindi, di realizzare un sito internet ad essa dedicato. Lo fece per rendere omaggio a suo padre, Max Glauber, per onorarne la memoria ed offrire ai tanti appassionati di radio d’epoca una testimonianza diretta della storia e delle vicende di una delle prime ditte italiane, costruttrice di apparecchi radio. Le storie della famiglia e della fabbrica si erano innervate in un periodo storico particolarmente importante della storia italiana. Max, vero e proprio pioniere della radio, lasciò nell’animo dei suoi collaboratori, e nel cuore di cultori ed appassionati, un ottimo ricordo e molta gratitudine. Una pagina di storia che sicuramente meritava di essere conservata, valorizzata e tramandata. Anche oggi, grazie alla disponibilità di Lisa Glauber, abbiamo la possibilità di studiare ed ammirare un ricchissimo archivio fotografico, con le foto degli stabilimenti di Dobbiaco e Como e gran parte della produzione dal 1925 al 1960.

Nonostante il bel lavoro di recupero, e la riconosciuta gradevolezza del sito, Lisa si dovette rendere conto che tutto questo non bastava. Forse c’era bisogno di complementarlo con qualcos’altro. Sicuramente a mano a mano i ricordi sgorgavano e, forse, un semplice sito internet le stava già stretto. Tutto era ben descritto, documentato. Le fotografie rendevano onore ad un’impresa meravigliosa. Lo stesso Max appariva un mito più che un padre. C’erano tutti gli ingredienti però, al tempo stesso, mancava qualcosa. Forse la cosa più importante: l’anima.

Il film documentario

Lisa pensò di sopperire a quella mancanza dandosi da fare per realizzare un film documentario con interviste, immagini e altri contenuti inediti. Nel 2008 avviò il progetto affidando la regia a Federico Campana e Cornelia Scopf. Il video, della durata di 54 minuti, fu prodotto dalla Miramont film, in collaborazione con RAI Sender Bozen. Il titolo, neanche a dirlo: Unda radio. Nel film Lisa appariva tra alcune bancarelle d’antiquariato alla ricerca di radio Unda. Il cortometraggio spiegava l’affascinante storia della Unda Radio. Lisa sarà anche intervistata e racconterà come, dopo 40 anni trascorsi negli Stati Uniti, si era messa in testa di ricostruire la storia della sua famiglia, una famiglia straordinaria, sparpagliata in diversi paesi. Ad ogni modo con il sito e il documentario Lisa aveva ridato vita alle tante Unda radio, destato interesse in tanti nuovi collezionisti e riconosciuto il valore di chi già era un affezionato.

Radio Mascotte e icona di Lisa

Più di mezzo secolo prima che si realizzasse il documentario Lisa si era già legata ad una Radio Unda in modo alquanto originale.

Era il 1954, anno in cui la fabbrica festeggiava il trentesimo anno di produzione. Con l’occasione due importanti novità vennero presentate alla XX Mostra nazionale della Radio e della Televisione: la prima radio tascabile, denominata Mono Unda 41/3 “Mascotte”, e il televisore con comando a distanza. Il ricevitore tascabile “Mascotte” adotta un circuito a 4 valvole subminiatura con alimentazione a pile oppure, tramite apposito alimentatore, da rete a corrente alternata. Le dimensioni d’ingombro sono contenute: 17 cm di base, 9 di altezza e 4,4 cm di spessore. Alle qualità tecniche si aggiungono quelle estetiche; il frontale in materiale plastico color oro è dotato di un’apposita sede portaritratti, per consentire di personalizzare l’apparecchio con una fotografia intercambiabile. Nello stato originale, ed a scopo dimostrativo, la fotografia rappresenta proprio Lisa Glauber. Mentre l’antenna di ferrite è incorporata nella maniglia per il trasporto della radiolina.

Una donna immagine involontaria. L’icona è tratta da una foto solare della ragazza nella quale si esalta la sua raggiante bellezza. Forse Max Glauber, suo padre, pur prevedendo che la foto si sarebbe potuta sostituire, in cuor suo sperava che fosse lasciata li: sua figlia vicina alla sua radio.

Ci ha messo solo la faccia?

Questa è la storia di Lisa Glauber. Una donna come tante, con i suoi vissuti, i suoi sogni, le sue origini, i suoi errori. Una donna la cui immagine ancora oggi, per i conoscitori della materia, è affiancata ad una radio particolarmente preziosa ed innovativa come la portatile Mascotte della Unda. Suo padre aveva anticipato di decenni ciò che ai nostri giorni è marketing corrente: metterci la faccia. Ma Lisa non ci ha messo solo la faccia. Dopo un periodo di apparente disinteresse alle vicende della Unda viene folgorata, non sulla via di Damasco ma ai mercatini, rendendosi conto che avrebbe dovuto fare qualcosa di importante per rendere onore ai tanti appassionati delle radio prodotte dal padre. Con la caparbietà che si tira fuori nelle occasioni speciali è riuscita a coinvolgere tante persone e realizzare, con il sito e il documentario, il passaporto per l’eternità alle radio Unda.

Forse Lisa non ha mai visto l’interno di una radio, magari non ne conosce il funzionamento. Eppure, a mio avviso, entra a pieno titolo nella rosa delle donne della radio. Non tanto per aver dedicato una vita allo strumento, né per avergli regalato preziose intuizioni. Ha fatto tutt’altro ma ad un certo punto il suo cuore si è “sintonizzato” con le radio paterne scatenando ciò che forse aveva di più sopito: l’amore.