Pubblicato da Arteventi news il 30 Novembre 2018
Non sono mai state date specifiche argomentazioni sulla scelta della parola “radio”. Verosimilmente il termine “antenna” è stato preso dal nome del pennone più alto di un’imbarcazione. Non dimentichiamo che Guglielmo Marconi era un ufficiale di marina e che aveva il mare nel sangue.
L’antenna ha il compito di “irradiare” un segnale radio. In medicina l’osso più lungo del braccio è chiamato “radio”. Il suo compito è di “irraggiare”, vale a dire arrivare dove altre parti del corpo non possono giungere. L’assimilazione al mondo delle trasmissioni senza fili sembra essere scontata. Ma andiamo avanti. I signori Curie, nel 1889, scoprirono l’ottantesimo elemento atomico della scala di Mendeleief. Lo chiamarono “Radium”, traduzione latina di “raggio”, perché quella sostanza irradiava qualcosa di ignoto.
Mancano ancora sei anni per giungere al primo successo del giovane inventore bolognese, ma intanto già si dilettava a sperimentare nell’intrigante campo della fisica. Forse Guglielmo ha inteso paragonare il raggio latino all’onda elettromagnetica, a lui sicuramente più congeniale. Certo è che il termine “telegrafo senza fili” lasciò ben presto il testimone all’inossidabile “radio” senza che nessuno ne sentisse la mancanza.
Non ci rimane che enunciare delle ipotesi, lasciando irrisolta una questione importante, aggiungendo un mistero ai tanti altri disseminati nell’aggrovigliato percorso evolutivo di questo affascinante mondo.