Telegrafia ottica fino al 1800. Comunicare prima della radio sesta parte
Pubblicato da Arteventi news il 27 Dicembre 2020
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Il telegrafo ottico evoca nel nostro immaginario gli indiani d’America, così come appaiono nei fumetti. Accendevano il fuoco e lo coprivano parzialmente con erba o frasche verdi. Le fiamme venivano soffocate con una coperta finchè quest’ultima non veniva improvvisamente tolta dal fuoco generando colonne di fumo che si alzavano per inviare notizie ad un’altra tribù. Questi segnali non trasmettevano frasi, come vorrebbero propinarci alcuni autori di fumetti, ma semplici informazioni, soprattutto per cacciare i bisonti. In Cina, anche i guardiani della grande muraglia utilizzavano una metodologia simile.
In Sardegna si adoperavano torri di avvistamento, a partire dalla fine del XVI secolo, per fronteggiare le incursioni dei Barbari. Un drappello di sentinelle, quando avvistava le navi nemiche, dava l’allarme con segnali di fumo creato con una grande padella di ferro caricata con erica bagnata e bitume e poi incendiato. Sempre nel medesimo periodo, al largo delle coste di Plymouth venne avvistata l’Armata Spagnola. La notizia arrivò dopo 20 minuti a Londra, distante trecento chilometri, per il tramite delle fiaccole posizionate su una catena di torri distanti 12 Km l’una dall’altra.
Nel XVIII secolo l’Abate Carlo Borgo in un suo scritto propose un telegrafo ottico, che chiamò “cifra parlante”, fissando cifre e segni convenzionali. Il sistema prevedeva 6 fiamme allineate sull’orizzontale che venivano coperte di volta in volta secondo un codice stabilito, in modo che l’osservatore potesse distinguere bene quelle che erano visibili. Non mancano le aspirazioni eccellenti: Simone Porta, filosofo e medico napoletano (1496–1555) sognava di inviare, utilizzando appositi specchi, fasci di luce sulla luna in forma di lettere, e farli vedere da ogni punto della terra. Rimane ancora un sogno, per ora la luna è salva.
Umberto Alunni
L’articolo è stato ripreso da GOOGLE NEWS