CURIOSANDO SU MARCONI – ANTONIO MARCHI IL FEDELE GARZONE

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CURIOSANDO SU MARCONI – ANTONIO MARCHI IL FEDELE GARZONE

Pubblicato da  Arteventi news il  14 Gennaio 2024

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Gli esperimenti di Guglielmo Marconi sono troppo spesso osservati esclusivamente da un punto di vista tecnico ed evolutivo. C’è un altro lato che quel vorticoso incedere andava interessando, generando suggestioni parallele e non meno importanti: il lato umano. Questa storia è dedicata al garzone di Guglielmo, l’uomo che lo ha sempre assecondato in tutto, anche quando lo rimandava con carretto ed asino a Bologna a comperare le sue cianfrusaglie, solamente perché se ne era dimenticato. Quest’uomo è Antonio Marchi.  Antonio e Guglielmo, in alcune parti della giornata, vivevano in modo simbiotico: aiutava Guglielmo a disporre materiale per i suoi esperimenti, lo accompagnava a Bologna quando frequentava il prof Augusto Righi, andava a fare compere per suo conto. Per di più, specie alla sera alla bettola, difendeva il suo padrone quando qualcuno lo dava per matto. Intanto Guglielmo evolveva nei suoi esperimenti, a tal punto da convincere anche lo scettico padre Giuseppe. Quest’ultimo resosi conto del possibile effetto domino degli studi del figlio, prese in disparte Antonio e gli disse: “Antonio, fa quello che ti dice di fare il Signorino!”. Marchi lo guardò un momento in silenzio, poi con la serenità di sempre dipinta sul viso rispose: ” Sgnor Padroun, me a l’ho seimper fat!”, ” Signor Padrone, io l’ho sempre fatto!”. Era dunque il preludio all’ultimo, decisivo esperimento che Marconi intendeva realizzare oltre la collina, quindi non a vista e alla distanza presunta di circa due chilometri.

Tutto ciò, colpo/i di fucile compresi, sono supportati da due testimonianze: una del Marchi (tramite il figlio Giuseppe nel 1948) ed una dalla autobiografia di Marconi, scritta a macchina dal fratello Alfonso e corretta a mano dallo stesso Guglielmo nel 1903. A questo punto la testimonianza del Marchi diventa affascinante: “L’ultimo esperimento al quale assistette Antonio Marchi venne eseguito in località ‘Pigni’ nella vecchia abitazione del fattore. La cassetta era stata deposta su di un tavolino e dopo aver sentito e contato i colpi trasmessi, che si susseguirono fino a cinque, venne riportato tutto in Villa”. “Un particolare ricordato dal Marchi è il collocamento di un palo di legno da cui pendevano diversi fili di rame i quali venivano tenuti tesi da vasi vuoti di petrolio riempiti di pietre. Tutti gli esperimenti sono stati effettuati sempre durante l’estate, poiché nell’inverno il Signorino si recava con la madre in Inghilterra “. Antonio Marchi morì serenamente a 106 anni, ricordando la morte dello stesso Guglielmo. Morì forse pensando che avrebbe rivisto sui prati e le colline del cielo il suo padrone e si sarebbero riabbracciati come in quegli ultimi anni dell’Ottocento, quando un debole segnale elettrico attraversava per la prima volta campi e alberi per giungere al di là di ogni ostacolo. “Era una persona onesta, con una rettitudine infinita – ricorda il nipote, Mons. Giovanni Marchi in un’intervista – apparteneva a quel mondo di uomini in cui la fedeltà era una ragione stessa di vivere, uomini che trasmettevano sicurezza e affetto intorno a sé. Ci fosse o non ci fosse il Padrone ‘presente’, egli lavorava sempre con la stessa passione e onestà. Era, oltretutto, rispettoso fino in fondo: ad esempio, non riuscì mai a chiamare Marconi per nome, ma sempre ‘al Sgnurein’ “.

Umberto Alunni

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