IL RADIO LABORATORIO

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Il radio laboratorio

Pubblicato da  Arteventi news il  10 Maggio 2020Categorie Tags 

Siamo ad occhi chiusi e per gioco qualcuno ci conduce in luogo da indovinare. Appena arrivati siamo pervasi da un acre odore che sembra arrivare a tratti come l’effetto di fumi. Al tempo stesso si percepisce una sensazione olfattiva un po’ acidula. Dove siamo? In un rave party? No, in un laboratorio dove si riparano radio, dagli anni 40 fino agli ’80. In questo periodo, specie la sua prima parte, il mestiere del radioriparatore era molto ricercato. Non erano poche le riviste che pubblicizzavano corsi per corrispondenza lasciando intendere, a ragione, che potessero qualificare la propria vita. Al tempo stesso ci si prodigava per suggerire il laboratorio – tipo, vale a dire quel lay out che, in un determinato spazio, potesse consentire il miglior compromesso tra comodità per il tecnico ed utilità intendendo per tale la corretta disposizione degli strumenti per velocizzare i test delle radio e le relative riparazioni.

Tra i tanti propongo quanto indicato sulla rivista L’Antenna numero 1 del 1940 secondo la quale, per avere il massimo rendimento, occorre organizzarsi in modo razionale. Si passa in disamina la sistemazione dei locali. E’ opportuna una stanza rettangolare nella quale la porta si troverà di preferenza in un angolo su una delle pareti più lunghe. Sono utilissimi due banchi, se non del tutto indispensabili: uno andrà utilizzato per i lavori di ogni genere (meccanica semplice, verniciatura, carica accumulatori e sarà il banco di fatica con lo scopo di evitare all’altro, vero banco di lavoro del radioriparatore, di essere ingombro e disordinato. Per chi lavora in radio l’ordine e la pulizia sono necessità inderogabile. L’articolo prosegue con indicazioni sulla disposizione degli armadi, il posizionamento dei vari attrezzi e strumenti di rilevazione. Un vero e proprio decalogo per una professione che stava consegnando alla persona grande dignità, ben espressa soprattutto nell’ultimo suggerimento: anche i migliori apparecchi non rendono servizi che in proporzione al valore personale di chi li impiega.