Di Guglielmo Marconi si conoscono molte cose, non ultimo che inventò la radio e ne sviluppò le applicazioni.
Non tutti sanno che l’austero premio Nobel non fosse, poi, così legato alle attività familiari. Il padre era un agiato possidente e, in cuor suo, avrebbe auspicato un maggior coinvolgimento del figlio negli affari di casa. Ma tant’è! Forse, però, ancora meno persone sanno che la mamma di Marconi era irlandese. Annie Jameson, così si chiamava, cantante lirica con voce da mezzosoprano e spirito libero dell’epoca, conobbe il futuro marito, di 17 anni più anziano, da studentessa di canto a Bologna. La sua famiglia non gradiva questa situazione, nonostante Giuseppe Marconi fosse una persona molto in vista. Era un facoltoso proprietario terriero, rampollo di una famiglia rispettabile. Annie, da spirito libero quale era, aspettò soltanto l’età legale per convolare a nozze con il fascinoso possidente.
Giuseppe era un anglofilo. Intorno al 1860, rimasto vedovo della prima moglie Giulia Renoli, aveva un ristorante a Londra, in Hungeford Market, insieme a due fratelli, Carlo e Giovanni Gatti. Aprirono un altro locale, dopo che il precedente dovette essere demolito per lasciare spazio alla stazione di Charing Cross. Per queste motivazioni e, forse, anche per quanto a quei tempi stava succedendo in Italia (frattura fra stato pontificio e le dottrine progressiste e liberali dilaganti a macchia d’olio), Giuseppe assunse la cittadinanza inglese alla quale non rinunciò più. Nella scelta, assunta nel 1877, influì anche il consenso ed il convincimento della moglie. Il matrimonio durò fino alla morte di Giuseppe (1904).
Anche la famiglia Jameson non se la passava male. Annie era la figlia di Andrew, uno dei due fratelli che già nel 1780 fondarono la distilleria Jameson a Dublino, peraltro di origini scozzesi, e imparentati con un altro marchio importante nella storia del malto distillato, gli Haig. Ad ogni modo, tutt’ora il Jameson è uno dei simboli del paese del Trifoglio, il whisky irlandese più diffuso nel mondo. La distilleria originaria, quella di Dublino, ora è attiva soprattutto per il turismo. Il grosso della produzione si realizza a Cork. E certamente una visita agli alambicchi Jameson, se qualcuno si trova nella città di Joyce, è tappa che non bisognerebbe perdersi. Annie era di religione protestante, il marito un cattolico. Guglielmo fu battezzato nella chiesa cattolica di San Pietro a Bologna ma fin da ragazzo divenne osservante della religione materna. Questo è l’albero genealogico della famiglia di Guglielmo, partendo dai suoi genitori.
Guglielmo nacque a Bologna il 25 aprile del 1874. Molto è stato detto sul padre di Marconi, e non sempre tutto a suo favore. Dalle fonti disponibili si apprende che offrì al figlio il sostegno finanziario e l’incoraggiamento morale possibile, da uomo pragmatico e pratico quale era. La madre, cresciuta nella campagna irlandese, aveva idee particolari in merito a quella che avrebbe dovuto, e potuto, essere l’educazione civile e religiosa del figlio Guglielmo. Uno dei misteri ricorrenti che circondano Marconi riguarda la mancanza – quasi totale – di un’istruzione formale, che sembrerebbe contrastare con la tradizione familiare, con l’apertura mentale e il cosmopolitismo mostrato da ambedue i genitori in altre occasioni. La situazione può essere collegata alla profonda avversione di Annie verso la chiesa cattolica, radicata in lei dall’educazione protestante ricevuta in Irlanda e, forse, acuita dalle sue frequentazioni della Bologna di fine XIX secolo, una città da poco convertita, contro voglia, da città papalina al secolarismo della monarchia dei Savoia.
In una lettera a Giuseppe, per esempio, Annie gli chiede di assicurarsi che il figlio possa «apprendere i buoni princìpi della mia religione e che non entri in contatto con le superstizioni che vengono comunemente insegnate in Italia ai bambini». In un’altra lettera, Annie chiede al marito di giurare che «non permetterai che nostro figlio venga educato dai preti».
Già questo sarebbe stato assai difficile a Bologna, dove i buoni borghesi mandavano i figli e le figlie alle migliori scuole, gestite dai preti gesuiti. La notevole distanza tra la casa in campagna e il centro della città, dove erano situate le scuole, e i problemi di salute del piccolo Guglielmo, possono essere state cause incidentali del suo poco ortodosso curriculum scolastico. È molto probabile, nondimeno, che Annie usasse queste circostanze come espedienti per coprire le vere ragioni che continuavano ad ispirare i suoi metodi educativi.
Di conseguenza, Guglielmo ricevette un’istruzione in casa, dalla madre e da una serie di tutori, e in una varietà di scuole a Firenze e a Livorno, dove Annie portò il figlio, più tardi, e dove vissero per lunghi periodi. Assai poco ortodossa – almeno per il conservatore e rigido sistema educativo della maggior parte dei paesi europei in quegli anni – dovette sembrare l’insistenza di Annie affinché suo figlio fosse lasciato libero di studiare seriamente solo ciò che gli piacesse, e che ci si preoccupasse poco o nulla dei suoi risultati in materie che non gli interessavano e che erano, purtroppo, proprio quelle a cui si dedicavano maggiormente le scuole tradizionali: grammatica, letteratura, storia, aritmetica e così via.
Ella si dedicò, al contrario, a trovargli i migliori insegnanti per le materie che preferiva, che erano le scienze e la musica. Particolarmente significativo fu l’insegnamento che Guglielmo ricevette nel laboratorio di fisica del professor Vincenzo Rosa, al liceo di Livorno, dove il giovane apprese le prime importanti nozioni scientifiche e padroneggiò le tecniche sperimentali che ebbero tanta parte nella sua futura carriera. Un mito dei più noti, tra i molti riferiti a Guglielmo Marconi, riguarda il grande interesse e la misteriosamente prematura passione per i fenomeni elettrici e, in particolare, per la comunicazione senza fili.
Recenti indagini condotti da valenti ricercatori su questo periodo della vita di Marconi hanno dimostrato in modo convincente che questi suoi interessi si svilupparono in modo graduale e sistematico negli anni della sua formazione, tra i quindici e i vent’anni. Egli portò avanti moltissimi esperimenti di ingegneria elettrica, sempre più complessi, nel laboratorio di Vincenzo Rosa e nell’attico della casa della famiglia, a Bologna.
Riuscì a sviluppare – senza le fastidiose interruzioni dovute ai comuni obblighi scolastici e sociali degli altri ragazzi, come lezioni, esami, riunioni, e così via – una destrezza manuale e notevoli capacità di sperimentazione e pratica di laboratorio che furono indispensabili per i futuri esperimenti.
Questo comprendeva certamente una buona dose di tenace perseveranza anche di fronte alle avversità e, soprattutto, una solida resistenza alle frustrazioni.
Annie e Guglielmo vivevano quasi in simbiosi. Che cosa c’è di più dolce in un figlio che sveglia la madre a mezzanotte di una calda serata estiva e l’accompagna, facendo luce con una candela, su per le silenziose scale della villa fino in soffitta per farla assistere alla grandiosità di uno dei suoi primi esperimenti: un tasto battuto tre volte, i tre punti della lettera esse, il brillare delle scintille e il lieve gracchiare del martelletto del ricevitore a distanza di quattro metri!
Su RAI3 in un documentario dal titolo “La grande svolta della radio”, nel corso della trasmissione ULISSE, Alberto Angela ne riproponeva la scena con l’ausilio di due valenti attori.
Erano i momenti magici della nascita della telegrafia senza fili. Ecco che, da quella estate 1894, la madre era una delle pochissime a dover mantenere il segreto di un’invenzione ancora in embrione. Una madre che divenne ben presto complice e strenuo difensore eretto contro la protervia del padre che, pur finanziandolo ed incoraggiandolo, non credeva appieno in quell’esile figlio. Un ragazzo che, al di fuori dei confini di Villa Griffone, era considerato pieno di stranezze, dedito a esperimenti in cui c’entravano i fulmini e i tuoni, roba da maghi o da stregoni. Tra Guglielmo e la madre insisteva una corrente di affetto e di reciproci segreti svelati, piccole, grandi cose che fanno sentire un ragazzo al riparo da ogni manifestazione ostile.
La presenza di Annie, irlandese ma di lontana origine scozzese, ebbe negli anni della pubertà di Marconi un peso notevole nella sua formazione anglosassone, tanto è vero che nei pochissimi mesi in cui Guglielmo frequentò scuole pubbliche, quasi tutti i compagni lo sentivano più inglese che italiano, anche nel modo di leggere. Fu questa esperienza, associata ai frequenti spostamenti tra Bologna, Livorno, Firenze e l’Inghilterra, a creare i presupposti degli studi e delle lezioni private. D’altra parte Villa Griffone era dotata di una cospicua biblioteca, i libri non mancavano certamente.
Annie, rendendosi conto dell’importanza della scoperta fatta dal figlio, scriveva ad alcuni suoi parenti in Inghilterra.
Questi la consigliavano di inviare il ragazzo a Londra dove certamente gli sarebbe stato più facile trovare i finanziamenti per l’impiego pratico dell’invenzione. Marconi, prima di prendere questa decisione consultò il dott. Giardini, amico di famiglia, il quale scrisse una lettera al generale Ferrero, ambasciatore d’Italia a Londra del seguente tenore:
“Guglielmo Marconi ha ottenuto di telegrafare senza fili alla distanza di circa 1500 metri con apparecchi di sua invenzione. Egli è stato invitato a Londra, ma, prima di partire dall’Italia, desidererebbe offrire al Governo italiano la sua invenzione. Di conseguenza gradirebbe l’autorevole ed amichevole consiglio di Vostra Eccellenza”.
Il Generale Ferrero rispose quanto segue: “Consigli il giovane Marconi di proteggere con regolari brevetti validi per tutto il mondo la sua invenzione e di riservarsi, in qualsiasi accordo per la cessione degli stessi, in piena libertà d’azione nei riguardi del Governo Italiano (!!!), recandosi liberamente in Inghilterra, dove potrà ottenere più facilmente i larghi mezzi finanziari occorrenti per lanciare una invenzione così importante e che non potrà essere mantenuta segreta per lungo tempo”.
Annie accompagnò il figlio nel suo più importante viaggio per l’Inghilterra, nel febbraio del 1896. Partirono da Bologna, con un grande baule contenente gli apparecchi costruiti a Pontecchio. A Londra furono ricevuti alla stazione Vittoria dal cugino Jameson Davis.
Guglielmo stava prendendo il volo verso la gloria. Tutto il resto è storia. Convincerà tutti dando l’abbrivio allo sviluppo del più meraviglioso degli strumenti: la radio.
Nelle varie biografie, più o meno autorizzate, si perdono le tracce della madre negli anni successivi. La ritroviamo qualche anno dopo, quando accompagnò Guglielmo in Campidoglio, a Roma il 7 maggio 1903, dove il figlio ricevette la cittadinanza onoraria.
Particolarmente interessante il disegno di Dante Paolocci che ritrae la scena evidenziando Annie vicino al figlio con la sua flemmatica impostazione anglosassone.
Da notare che il padre sarebbe morto l’anno successivo e, teoricamente, avrebbe potuto essere presente. Annie si sarà sentita sicuramente appagata per aver creduto in lui e averlo messo nelle condizioni di esprimere al meglio le sue potenzialità.
Non dovrebbe essere stato facile a quel tempo: distaccare Guglielmo da una visione ortodossa della vita, accordargli la possibilità di compiere gli studi di suo gradimento, facendo venir meno un percorso regolare, supportarlo sempre nelle scelte che andava sposando, talvolta non in pieno accordo con il padre, vivere con lui costanti complicità nelle quali, forse, anche lei non credeva appieno. Nel fare tutto questo, ha contribuito non poco ai successi di Guglielmo. V’è chi sostiene che due sono stati i fattori che hanno maggiormente influenzato l’invenzione di Marconi: la madre Annie Jameson e la ionosfera.
La madre lo ha sempre sostenuto e aiutato, soprattutto nei momenti difficili dei primi anni, incoraggiandolo a proseguire nella sua scelta. La ionosfera, riflettendo sulla terra le onde radio, ha consentito la trasmissione a grandi distanze dei messaggi radio, anziché limitarsi ai 150-200 chilometri che i più famosi scienziati del tempo avevano ipotizzato.
Madre e natura.
Ancora una volta un grande uomo si affida a madre – natura per portare avanti i suoi progetti. Passano gli anni, i successi di Guglielmo si moltiplicano toccando vette inimmaginabili qualche anno prima. Ma di Annie non si sente più parlare. Subentrano le amiche di Guglielmo, le due mogli, le figlie. Annie sembra aver raggiunto il suo scopo e amorevolmente fa in modo che neanche la sua ombra possa essere di impaccio al figlio.
Qualche anno dopo, nel 1920, Guglielmo stava lavorando all’allestimento del suo panfilo Elettra. Da un lato poteva soddisfare la sua innata passione per il mare e, dall’altro, avere a disposizione un laboratorio mobile per continuare i suoi esperimenti in qualunque momento ed in qualsiasi parte del mondo. Durante i lavori fu raggiunto da un tragico radiotelegramma: il 3 giugno Annie moriva a Londra, assistita dal primogenito Alfonso. Aveva 80 anni.
Il 15 giugno 1920, appena dodici giorni dopo, grazie a Guglielmo, da Chelmsford venne trasmesso dal Covent Garden (o dalla Royal Albert Hall) di Londra il primo radioconcerto (promosso dal quotidiano “Daily Mail” di Londra) con la celebre cantante australiana Nellie Melba, Dama della Regina, con l’orchestra del Savoy Hotel, e ricevuto a 3200 km. Per una cantante che si era spenta ecco un’altra voce riecheggiare ma questa volta, grazie all’invenzione di suo figlio Guglielmo, avendo il mondo intero come pubblico.
Questa è la storia di Annie Jameson, la cantante lirica venuta a Bologna per studiare canto, che ha conosciuto l’amore e dato alla luce un bambino introverso che, anche con il suo essere madre, il suo aplomb anglosassone ed il forte incoraggiamento, è diventato l’uomo più importante del XX secolo per aver inventato, sviluppato e diffuso lo strumento della comunicazione per eccellenza: la radio.
Grazie Annie, ti ricorderemo non solo come mamma di Guglielmo Marconi ma anche come mamma della radio!